Un’inflazione più calda del previsto torna a mettere un po’ di timore al Canada, che però può sorridere per gli accordi commerciali in vista con gli USA. Tutto ciò lascia il dollaro CAD in galleggiamento rispetto a quello americano.
Cominciamo dai dati macro. A settembre il tasso di inflazione annuale è salito al 2,4%, rispetto all’1,9% del mese precedente, superando le aspettative del mercato del 2,3% e segnando il tasso di inflazione più alto da febbraio. È la prima volta negli ultimi 6 mesi che l’inflazione supera la soglia del 2% fissata come obiettivo dalla Banca del Canada.
Il tasso medio di inflazione core, attentamente monitorato dalla BoC, si è mantenuto al massimo di un anno del 3,2%, un livello più alto delle aspettative del 3%.
Questi dati rimettono in gioco le prospettive di politica monetaria della Banca del Canada, che adesso avrà minore margine di manovra per tagliare i tassi settimana prossima per stimolare crescita economica e mercato del lavoro.
I dati macro si mescolano però con le novità positive in ambito commerciale. Sarebbe infatti vicino un accordo con gli Stati Uniti su acciaio, alluminio ed energia, che potrebbe essere firmato al vertice APEC (Cooperazione economica Asia-Pacifico). Ciò consentirebbe al Canada – paese fortemente orientato all’export – di dare un bel po’ di ossigeno all’economia.
L’altalena di notizie positive e negative ha finito per bloccare il dollaro canadese, che resta attorno 1,4 rispetto a quello americano (), a sua volta spinto dalle speranze di una fine dello shutdown del governo e alle speranze di accordi commerciali con la Cina.
Tuttavia, siamo sempre vicini al massimo di sei mesi toccato pochi giorni fa. Inoltre il recente superamento della media mobile a 200 periodi ha inviato un messaggio rialzista al mercato.

















