Nuovo taglio del costo del denaro, il sesto consecutivo, da parte della Reserve Bank della Nuova Zelanda. La banca ha ridotto il tasso di interesse ufficiale (OCR) di 25 bps al 3,25% nella riunione di maggio.
L’esito è in linea con le aspettative del mercato, e fissa il tasso al livello più basso dall’agosto 2022.
La mossa della RBNZ segue un taglio di 25 bps che è stato fatto ad aprile, e quelli di 50 punti base fatti a ottobre, novembre e febbraio.
Nella dichiarazione di accompagnamento, il Monetary Policy Committee sottolinea che l’inflazione rimane nell’intervallo target dell’1-3% e che il consiglio si trova in una posizione tranquilla rispetto agli sviluppi nazionali e internazionali, avendo margine per poter intervenire. Proprio per questo la RBNZ ha potuto dare un ulteriore stimolo alla crescita economica nazionale attraverso il taglio dei tassi.
Tuttavia, il consiglio sottolinea che lo scenario resta incerto sul fronte internazionale, e i dazi potrebbero incidere sulla domanda proveniente dell’Asia, sbocco principale delle esportazioni neozelandesi.
Nel frattempo l’economia neozelandese si sta riprendendo dopo un periodo di contrazione, grazie agli elevati prezzi delle materie prime e ai tassi di interesse più bassi.
Complessivamente, l’atteggiamento della RBNZ è più hawkish del previsto. Anzitutto perché ci si aspettava un voto unanime per il taglio dei tassi, mentre invece c’è stata una voce contraria. In secondo luogo perché la RBNZ ritiene che il costo del denaro verrà ridotto al 2,92% nel trimestre 2025 e al 2,85% nel primo trimestre del 2026, mentre i mercati immaginavano una discesa fino al 2,75%. Infine, anche il governatore Christian Hawkesby è sembrato piuttosto cauto sui futuri tagli dei tassi.
Per questi motivi, nonostante il taglio al costo del denaro della RBNZ, il dollaro neozelandese si è rafforzato rispetto a quello americano ( è salito a circa 0,596). I mercati hanno infatti ridimensionato dal 60% al 36% la possibilità di un nuovo taglio nella riunione di luglio.
Il dollaro kiwi sta beneficiando anche di un clima di maggiore propensione al rischio, dopo i timidi segnali di de-esclation commerciale da parte di Trump.

















