In una giornata in cui il dollaro sta perdendo quota rispetto alla maggioranza delle valute globali (il è sceso sotto 107), l’unica eccezione è lo Yuan cinese, messo sotto pressione dall’escalation della tensione commerciale con gli Stati Uniti.
Donald Trump ha annunciato una tariffa aggiuntiva del 10% sulle importazioni cinesi a partire dal 4 marzo. In quello stesso giorno si aprirà la terza sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo cinese, durante la quale potrebbero essere annunciate nuove misure di stimolo da Pechino ma anche possibili contromisure ai dazi Usa.
I rapporti suggeriscono che la Cina sta prendendo in considerazione le tariffe di ritorsione e altre misure sull’agricoltura statunitense e sui prodotti alimentari.
Questo clima teso sta rendendo nervosi i mercati, finendo per penalizzare lo yuan. Il cambio si è affacciato di nuovo oltre 7,30 (soglia psicologica di grande importanza), malgrado le buone notizie giunte dai dati PMI in Cina.
Il sondaggio privato ha dimostrato infatti che la manifatturiera cinese ha superato le aspettative, aumentando a un massimo di tre mesi a febbraio (è salito a 50,8 a febbraio dal 50,1 di gennaio, superando la previsione di 50,3).
Durante il fine settimana altri dati ufficiali settimana hanno indicato un’espansione inaspettata nell’attività di fabbrica, mentre la crescita del settore dei servizi ha superato le aspettative.
Tuttavia, le prospettive di crescita della Cina restano legate alla risposta che i responsabili politici riusciranno a dare al problema principale, ossia i consumi deboli legati a bassi livelli di reddito familiare, alti risparmi precauzionali e alti livelli di debito delle famiglie.

















