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Nuova Zelanda, i dati macro frenano al corsa del NZDUSD

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La banca centrale potrebbe lasciare invariati i tassi di interesse, che sono al 5,5%, per la quarta riunione consecutiva

Dopo essersi spinto sui massimi di un mese oltre quota 0,60 rispetto al dollaro americano (NZDUSD), quello neozelandese sembra aver momentaneamente esaurito la propria spinta, anche per via dei dati macro che sono giunti dalla Nuova Zelanda.

L’inflazione alimentare è scesa al minimo di quasi due anni al 6,3% a ottobre, dopo aver toccato l’8% del mese precedente e dopo che a giugno aveva toccato il record dal 1987 del 12,5%. Su base mensile i prezzi dei generi alimentari sono scesi dello 0,9%, dopo il calo dello 0,4% del mese precedente.
Inoltre dal principale partner commerciale del Paese, la Cina, evidenzia dati sulle vendite al dettaglio e produzione industriale migliori delle previsioni di mercato, facendo ben sperare per le esportazioni della Nuova Zelanda.

Questo quadro complessivo fa immaginare che la RBNZ potrebbe lasciare invariati i tassi di interesse, che sono al 5,5%, per la quarta riunione consecutiva quando si riunirà il prossimo 29 novembre. Quel meeting sarà l’ultimo del 2023.
Per combattere l’inflazione, la banca centrale ha effettuato aumenti del costo del denaro per 525 punti base dall’ottobre 2021, ma da tre riunioni si è fermata.

Sul mercato valutario, il cambio NZDUSD – che settimana scorsa ha vissuto una fase molto complicata – di recente è rimbalzato oltre la soglia di 0,60 dopo il dato sull’inflazione statunitense, che ha alimentato le possibilità che la FED cominci a tagliare i tassi verso la metà del 2024.
Tuttavia la corsa sembra essersi fermata, anche perché i dati americani solidi sulle vendite al dettaglio, danno ancora alla FED più tempo prima di tagliare i tassi di interesse.

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