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L’inflazione USA toglie pressione alla FED. Il dollaro frena

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Il dato sui prezzi al consumo Usa risulta in crescita del 5,4% annuo a luglio, leggermente sopra il consensus che era +5,3%

Il dato sull’inflazione USA per adesso alleggerisce un po’ di pressione sulla FED. Il tanto atteso dato sui prezzi al consumo Usa risulta in crescita del 5,4% annuo a luglio, leggermente sopra il consensus che era +5,3%. Il ritmo di crescita dell’inflazione continua a viaggiare ai livelli più alti dal 2008.
La componente core è invece scesa dal 4,5% al 4,3%. Su base mensile la crescita dei prezzi è stata dello 0,5%, in linea con le attese, dal +0,9% di giugno.

Negli ultimi giorni il tema dell’inflazione era tornato ad essere argomento cruciale per i mercati. Dopo il boom dei Non Farm Payrolls, le aspettative che la FED potesse varare una svolta restrittiva alla propria politica monetaria erano cresciute. Si diceva che potesse succedere anche a settembre.
La prova del nove era proprio il dato sull’inflazione, che la banca centrale americana da tempo dice essere soltanto temporaneamente più alta del normale. Se fosse stata molto più alta del previsto, la pressione sulla FED sarebbe cresciuta enormemente.
Adesso invece rimane sostanzialmente alta, ma stabile. Tutto rinviato al mese prossimo, al nuovo check sullo stato di salute dell’economia americana.

Tutto ciò ha indotto la marcia indietro del Dollaro. L’indice del biglietto verde è sceso sotto quota 93, dopo che in mattinata aveva raggiunto un massimo di 18 settimane a circa 93,2, ossia al livello più alto dall’inizio di aprile.

Recupera leggermente terreno anche l’euro: il cambio EURUSD resta sopra 1,17, ma in mattinata si stava incamminando verso una rottura al di sotto di questa soglia.

Intanto il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni di riferimento è sceso mercoledì all’1,34%, rimanendo vicino al livello più alto da metà luglio.

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