La questione commerciale rende più cupo il clima in Svizzera, e finisce per indebolire il franco. All’inizio del mese è entrata in vigore la tariffa del 39% imposta da Trump sulla Svizzera, l’aliquota più alta applicata a qualsiasi economia sviluppata. Questa tariffa rappresenta una grave minaccia per le imprese e l’economia elvetica, visto che gli Stati Uniti rappresentano circa il 17% delle esportazioni totali del Paese.
Una telefonata con la presidente elvetica Karin Keller-Sutter sarebbe andata malissimo, scavando una frattura profonda tra i due “numeri uno”. Tuttavia i funzionari svizzeri stanno cercando di raggiungere un’intesa con l’amministrazione Trump, con l’obiettivo di garantire un nuovo accordo entro ottobre. Ma intanto l’indice del sentiment degli investitori svizzeri è crollato a -53,8 ad agosto, il livello più basso da novembre 2022, proprio per via dei dazi statunitensi.
Nel frattempo, l’inflazione è rimasta ben al di sotto dell’obiettivo del 2% della Banca nazionale svizzera, mentre i dati flash hanno mostrato che il PIL è cresciuto a malapena nel secondo trimestre, rafforzando la tesi di un ulteriore allentamento monetario da parte della BNS, che potrebbe riportare i tassi di interesse in territorio negativo.
In questo scenario, il franco svizzero viaggia verso 0,805 per dollaro (), ma continua a muoversi in un canale laterale compreso tra 0,800 e 0,811 da circa un mese.
Da inizio anno il franco si è apprezzato del 12%, acquisendo una forza notevole che preoccupa la BNS (un franco troppo forte penalizza ulteriormente l’export).

















