Arrivano dei segnali incoraggianti dai dati sull’inflazione statunitense, che alimenta le (poche) possibilità che la FED taglierà i tassi di interesse a luglio, anche se resta molto porbabile che possa farlo a settembre.
Il tasso di inflazione complessivo degli Stati Uniti è salito al 2,7% a giugno, il livello più alto da febbraio, ma era un dato previsto. Anche l’IPC mensile è aumentato dello 0,3%, come previsto, segnando l’incremento più grande in cinque mesi.
Quello che invece marcia più adagio è l’inflazione core, ossia depurata delle componenti più volatili, che per il quinto mese consecutivo arretra. Il dato infatti segna +2,9% su base annua, leggermente al di sotto della previsione del 3%. Anche l’IPC core mensile è aumentato meno del previsto: 0,2% contro il consensus di 0,3%.
Questo report suggerisce una piccola possibilità di un taglio questo mese, e ciò indebolisce il che è sceso sotto 98. Tuttavia il biglietto verde rimane vicino ai massimi di tre settimane, dopo i guadagni della settimana scorsa.
Tuttavia è più probabile che il taglio dei tassi avvenga a settembre, tenuto conto che il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che l’inflazione potrebbe aumentare quest’estate a causa dei dazi.
Il capo della banca centrale USA resta nel mirino di Trump, che continua a criticarlo spingendo per avere tassi più bassi subito. Il mercato segue con attenzione anche l’evoluzione della guerra commerciale. Trump ha minacciato tariffe al 30% su Europa e Messico dal 1 ottobre, ma ha aperto a ulteriori colloqui sui dazi con l’UE.

















