In una giornata complessivamente fiacca a causa della chiusura dei mercati americani per via dell’Independence Day, il franco svizzero ne approfitta per affacciarsi su nuovi massimi dal 2011 rispetto al dollaro.
Il cambio scende infatti verso la soglia di 0,79. Da metà maggio la valuta elvetica ha guadagnato circa il 7% sul biglietto verde.
La valuta elvetica si è rafforzata per via delle prospettive divergenti tra la BNS e la FED. Mentre l’istituto americano potrebbe tagliare i tassi ancora una o due volte quest’anno, non è certo che lo farà la BNS, visto che l’ultima lettura dell’inflazione ha segnato un rialzo a sorpresa.
A giugno l’indice dei prezzi al consumo è salito dello 0,1% su base annua, dopo il calo dello 0,1% del mese precedente, che poi era quello che si aspettavano di nuovo i mercati. L’inflazione si trova così all’interno dell’intervallo obiettivo dello 0-2% della BNS, segnalando una rinnovata stabilità.
I funzionari della BNS dovrebbero mantenere il tasso di interesse invariato allo 0% a settembre, con molti analisti che prevedono che rimarrà a quel livello fino al 2026.
A spingere vero il basso il cambio è anche la recente debolezza del dollaro, messo sotto pressione dalle rinnovate preoccupazioni per la politica commerciale statunitense e dal crescente nervosismo fiscale.
Si avvicina la scadenza del 9 luglio, quando finirà la sospensione temporanea dei dazi reciproci, e Trump ha dichiarato che la sua amministrazione inizierà a inviare lettere a tutti i suoi partner commerciali con i quali non ha ancora raggiunto un accordo, per avvertirli che a breve scatteranno le tariffe.
Al nervosismo sul fronte commerciale si affianca quello fiscale, perché la nuova legge di bilancio espanderà il deficit federale di oltre 3 trilioni di dollari, aumentando i rischi di sostenibilità a lungo termine.