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PETROLIO, altra settimana in salita sulle tensioni in Medioriente. Per Goldman Sachs il prezzo può arrivare a 90 dollari

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I prezzi di Brent e WTI hanno guadagnato diversi punti percentuale in questo mese di giugno

Il conflitto in corso in Medioriente sta alzando la tensione sul mercato petrolifero, provocando un rialzo dei prezzi che si protrae da circa 3 settimane.
Il prezzo del si è riavvicinato agli 80 dollari per barile, mentre il si avvicina ai 75 dollari.

Israele e Iran hanno continuato a scambiarsi attacchi reciproci, alimentando i timori di interruzioni dell’approvvigionamento di greggio dal Medio Oriente (il giacimento iraniano di South Pars è stato già oggetto di attacchi).


Nel frattempo, il presidente americano Donald Trump valuta il lancio di attacchi militari diretti contro l’Iran, con una decisione prevista entro due settimane. Anche se un’escalation immediata sembra poco probabile, lo scenario desta ancora grosse preoccupazioni visto che Mosca ha avvertito che un’azione americana avrebbe conseguenze “inimmaginabili“.

Un ulteriore spinta al prezzo di e è giunto dal calo più marcato del previsto delle scorte di greggio statunitensi. I dati hanno evidenziato il più grande calo settimanale in un anno.


L’effetto rialzista su e è stato attenuato dal dato a sorpresa riguardo l’export di petrolio iraniano. Nonostante il conflitto, l’Iran ha spedito circa 2,2 milioni di barili al giorno questa settimana, il livello più alto in cinque settimane.
Analogo effetto hanno avuto le previsioni di una crescita più debole dell’economia USA (che abbasserebbe la domanda di petrolio), con la FED che segnala due tagli per fine anno.


La geopolitica potrebbe far salire il greggio di circa 10 dollari al barile, secondo le stime di Goldman Sachs, e spingerlo almeno fino a 85 dollari. Ma secondo la banca americana potrebbero superare anche i 90 dollari al barile in caso di interruzione delle forniture iraniane.

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