Dopo i forti ribassi che avevano spinto i prezzi del petrolio sui minimi di quattro anni all’inizio del mese di maggio, le quotazioni di Brent e WTI sono in recupero e cominciano con un forte rialzo questa settimana.
La spinta arriva dalle forti tensioni geopolitiche sul fronte russo-ucraino, e nonostante la decisione dell’Opec+ di confermare gli aumenti produttivi anche nel mese di luglio.
La riunione del cartello del fine settimana ha prodotto l’esito che i mercati si aspettavano. Anche nel mese di luglio i produttori alzeranno la quantità complessiva di barili al giorno per 411.000 unità. Il terzo mese consecutivo in cui ciò accade conferma che all’interno del gruppo dei produttori la strategia è cambiata e c’è una spaccatura. Arabia Saudita e Russia mirano a riconquistare quote di mercato, anche se ciò comporta prezzi di vendita più bassi e minori guadagni. Così facendo, lanciano messaggi forti a Iraq e Kazakistan che più volte hanno sforato le loro quote di produzione.
In teoria tutto questo dovrebbe appesantire la marcia di e , che invece salgono. Il fattore che sta spingendo le quotazioni è la forte tensione tra Ucraina e Russia, proprio alla vigilia del nuovo round di negoziati previsti a Istanbul. Gli scontri fanno temere il rischio di forniture di petrolio e nuove sanzioni Usa contro Mosca.
Così, in questo avvio di settimana il Brent si è nuovamente avvicinato alla soglia dei 65 dollari per barile, mentre il prezzo del WTI risale oltre i 63 dollari per barile.
Un altro fattore che incide sull’andamento del prezzo di e è il calo del dollaro. Il biglietto verde è inversamente correlato al petrolio, e sta vivendo una fase di intensa debolezza a causa delle ondivaghe politiche commerciali di Trump, che stanno minando la fiducia dei mercati negli asset a stelle e strisce.