Anche dopo la riunione della Banxico e l’ultimo report sull’inflazione, avvenuta settimana scorsa, il peso continua a oscillare attorno quota 20,5 rispetto al dollaro statunitense ().
A tenere banco è però soprattutto la questione tariffaria, perché i dazi di Trump potrebbero incidere pesantemente sull’economia del Paese.
Il presidente USA per il momento ha deciso di rimandare le tariffe del 25% contro il Messico. Questo rinvio da un lato ha consentito al peso di non indebolirsi, ma al tempo stesso ha frenato il suo potenziale slancio al rialzo, per via di questa minaccia ancora incombente.
Nel frattempo, settimana scorsa la Banca del Messico ha ridotto il tasso di interesse di riferimento di 50bps, portandolo al 9,50%. Ciò è stato possibile grazie al continuo calo del tasso di inflazione, che ha rallentato per il terzo mese di fila a gennaio, raggiungendo un minimo di quattro anni del 3,59% (sotto le previsioni di mercato).
Il tasso di inflazione core è sceso nell’intervallo target della banca centrale, compreso tra 2% e 4%, e la Banxico ritiene che l’inflazione convergerà verso il 3% entro il terzo trimestre del 2026.
Le sforbiciate ai tassi di interesse servono a dare sostegno all’economia messicana, che si è contratta nell’ultimo trimestre del 2024 e si prevede che si indebolisca anche nel 2025 (soprattutto se gli USA andranno avanti nella loro politica commerciale aggressiva). Per questo la Banxico ha indicato che potrebbero essere appropriati ulteriori tagli ai tassi nei prossimi mesi.
Il cambio si è stabilizzato attorno a 20,5 dalla fine di novembre, dopo una lunga corsa al rialzo cominciata a marzo di un anno fa. Da allora il cambio USDMXN ha guadagnato circa il 25%, ma sta trovando un forte supporto nella Ema50, dove è rimbalzata più volte nell’ultimo periodo.

















