Dopo un paio di giorni di guadagni, il peso messicano fa una brusca marcia indietro e si riavvicina ai minimi di quasi due anni toccati di recente contro il dollaro americano.
A indirizzare l’andamento della valuta messicana sono soprattutto le vicende relative ai vicini di casa statunitensi. Da una parte ci sono le aspttative che la FED possa andare piano sui tagli dei tassi di interesse, anche se tali aspettative sono state un po’ smorzate dai recenti dati sul mercato del lavoro.
Dall’altra però c’è il forte timore che le politiche commerciali del presidente eletto Donald Trump, improntate al protezionismo, possano danneggiare l’economia messicana. Lunedì prossimo il tycoon assumerà ufficialmente la carica di presidente degli Stati Uniti e minaccia di imporre dazi sui tre maggiori partner commerciali del paese – Canada, Messico e Cina – inclusa una tariffa del 25% sulle importazioni messicane.
Alcuni analisti hanno attribuito le pressioni sul peso anche alle aspettative di un rialzo dei tassi da parte della Bank of Japan la prossima settimana, il che giocherebbe contro le strategie di carry trade che hanno sostenuto la valuta messicana per anni.
Anche le sfide interne hanno continuato a mettere pressione sul peso. La Banxico continua ad avere un atteggiamento accomodante, anche per via dell’allentamento dell’inflazione. I verbali di Banxico indicano la probabilità di tagli dei tassi più consistenti, in linea con il calo dell’inflazione al minimo di 46 mesi del 4,21% a dicembre, alimentando le aspettative di un taglio di 50 punti base a febbraio.
Il cambio USDMXN risale così verso 20,80, mettendo nel mirino i massimi di marzo 2022. Il rapporto tra le due valute è ormai in trend ascendente da otto mesi. Dallo scorso aprile ha guadagnato oltre il 25%.

















