Dopo una bella corsa vissuta sul finire dell’estate, l’euro è tornato al freddo e continua a perdere quota rispetto al dollaro, tornando sui livelli dove si trovava la scorsa primavera.
Il cambio è scivolato infatti su 1,06 dollari, messo sotto pressione tanto da questioni interne che da fattori esterni.
In attesa dei prossimi dati sull’inflazione (e dei verbali della BCE), l’’indicatore ZEW del sentiment economico per l’Eurozona è sceso di 7,6 punti a 12,5, al di sotto delle aspettative del mercato di 20,5. Solo un analista su otto si aspettava un peggioramento. Nel frattempo l’indicatore della situazione economica attuale è sceso di 3 punti.
Lo scenario è appesantito anche dal crollo della coalizione di governo tedesca. I Verdi, partner della coalizione del Cancelliere Olaf Scholz, hanno sostenuto la richiesta di un voto parlamentare anticipato, che potrebbe portare a elezioni anticipate nel mese di febbraio.
La pressione sull’euro è generata anche dalla vittoria elettorale di Donald Trump negli Stati Uniti. Gli investitori sono preoccupati per le potenziali tariffe commerciali che potrebbero danneggiare le esportazioni europee, e dal pericolo di una feroce battaglia commerciale globale.
Al tempo stesso, questo scenario spinge il dollaro pervia del timore che le politiche di Trump potrebbero aumentare l’inflazione, limitando potenzialmente la capacità della Fed di abbassare i tassi.
Questo spiega perché l’ sta continuando a scendere, nonostante i mercati abbiano modificato le loro aspettative sui tagli dei tassi della BCE, prevedendo ora un taglio di 25 punti base a dicembre, mentre le probabilità di una mossa più ampia si sono decisamente ridotte.