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ORO testa di nuovo i 2mila dollari dopo FED e NFP

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Il dollaro (inversamente correlato all’oro) così è sceso e anche i rendimenti del Tesoro sono andati giù, favorendo la crescita del prezzo del lingotto

Gli ultimi sviluppi dagli Stati Uniti – ossia il meeting FED prima e i dati sui Non Farm Payrolls dopo – hanno dato una spinta all’, che si è affacciato anche oltre i 2.000 dollari l’oncia, riavvicinandosi ai massimi di oltre 5 mesi toccati pochi giorni fa.
Il gold metal riprende così a spingere, dopo aver guadagnato circa l’8% nel mese di ottobre.

L’ultimo rapporto sull’occupazione ha suggerito un rallentamento maggiore del previsto nel mercato del lavoro americano, rafforzando la convinzione che difficilmente la Federal Reserve attuerà ulteriori aumenti dei tassi di interesse. Mercoledì la FED aveva mantenuto stabile il tasso di riferimento, adottando un linguaggio più dovish.
Il dollaro (inversamente correlato all’) così è sceso e anche i rendimenti del Tesoro sono andati giù, favorendo la crescita del prezzo del lingotto.


Di recente il prezzo dell’ ha ricevuto una forte spinta dalle tensioni in Medio Oriente, che hanno accresciuto la domanda di beni rifugio. Un altro fattore che favorisce il gold metal sono le incertezze economiche globali, come evidenzato dagli ultimi dati macro.

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