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Regno Unito, l’inflazione non arretra e mette pressione alla BoE. GBPUSD in altalena

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La crescita dei prezzi è rimasta stabile al 6,7% a settembre, ma i mercati si aspettavano un leggero calo al 6,6%

Gli ultimi dati sull’inflazione del Regno Unito aumentano le possibilità di un ulteriore aumento dei tassi di interesse della Banca d’Inghilterra, anche se questo solo in un primo momento è servito a sorreggere la sterlina, perché poi il clima di avversione al rischio sui mercati gli ha fatto perdere tutti i guadagni.

Il tasso di inflazione nel Regno Unito è rimasto stabile al 6,7% a settembre, al livello più basso in 18 mesi, ma uguale ad agosto mentre i mercati si aspettavano un leggero calo al 6,6%. Inoltre, il tasso di inflazione core, che esclude voci volatili come energia e cibo, è sceso al 6,1% ma ha superato le previsioni del 6%.
Su base mensile, l’indice dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,5% a settembre, l’incremento più consistente da maggio.

Le cifre annuali sono significativamente al di sopra dell’obiettivo del 2% della Banca d’Inghilterra, sottolineando le crescenti pressioni inflazionistiche e complicando ulteriormente il compito dei policy makers, che adesso potrebbero valutare un ulteriore aumento dei tassi di interesse nel prossimo incontro.
Appena lunedì, il capo economista Huw Pill aveva sottolineato che la BoE non dovrebbe presumere di aver vinto la battaglia contro l’inflazione, solo perché c’erano stati dei piccoli passi avanti. Evidentemente aveva ragione.


Subito dopo il report sull’inflazione, la sterlina britannica aveva guadagnato terreno spingendosi oltre 1,22 dollari (GBPUSD), ma poi il clima di avversione al rischio ha consentito al biglietto verde di recuperare tutto il terreno perduto.
Invece il rendimento del Gilt decennale del Regno Unito era salito sopra la soglia del 4,6%, raggiungendo il livello più alto dal 3 ottobre.

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