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Dollaro, marcia indietro sull’ipotesi di una FED costretta a frenare. Index sotto 1,04

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Il crac della Silicon Valley Bank potrebbe spingere la Federal Reserve a rivedere la strategia sui tassi di interesse

Come era prevedibile, il caso della Silicon Valley Bank sta agitando i mercati in questo avvio di settimana.
I timori si sono attenuati dopo che l’amministrazione Biden ha precisato che i risparmi degli americani sono al sicuro, e che non ci sarà un effetto contagio sul sistema bancario.
Ma un effetto “calmante” è giunto anche dalle autorità di regolamentazione statunitensi, che hanno annunciato una serie di misure di emergenza per fornire liquidità.

La novità delle ultime ore è che si fa strada l’ipotesi che la vicenda possa avere delle conseguenze sulle prossime mosse della Federal Reserve.
Infatti tra le cause del crack della banca californiana c’è proprio il rialzo dei tassi molto aggressivo da parte dell’Istituto centrale americano. Un’altra stretta potrebbe dare un altro colpo all’intero sistema finanziario, per cui tra gli analisti comincia a farsi largo l’ipotesi che la Fed possa attenuare se non sospendere il ciclo di strette monetarie.

A fine marzo tutti erano sicuri di una nuova stretta, con l’incertezza riguardava solo l’ammontare, tra 25 e 50 punti base. Goldman Sachs afferma di non essere più sicura che la Fed aumenterà il costo del denaro nella riunione prevista il 22 marzo.
Si tratta di un brusco cambiamento rispetto alla settimana precedente, perché adesso i mercati valutano una probabilità di oltre il 70% di un aumento di 25 punti base la prossima settimana.

Questo contesto ha spinto il dollaro al ribasso. Il è sceso verso quota 103,5, scivolando al minimo di tre settimane.
Il cambio risale invece oltre 1,07 sui massimi di oltre un mese, mentre il franco svizzero si è rafforzato oltre 0,92 (), avvicinandosi al minimo di 18 mesi di 0,9 toccato a inizio febbraio.

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