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Inflazione USA in frenata, meno pressione sulla FED e dollaro in caduta

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Il tasso di inflazione annuale negli Stati Uniti ha rallentato all’8,5% a luglio, dopo aver toccato il massimo in oltre 40 anni del 9,1% a giugno

Il tanto atteso dato sull’inflazione USA ha spento i timori del mercato. La corsa dei prezzi rallenta, e lo fa anche più del previsto.
Questa novità finisce per ripercuotersi sul dollaro, che perde decisamente quota scivolando sui minimi di un mese.

Il tasso di inflazione annuale negli Stati Uniti ha rallentato all’8,5% a luglio, dopo aver toccato il massimo in oltre 40 anni del 9,1% a giugno. Il mercato prevedeva una frenata, ma solo all’8,7%.

I prezzi dell’energia sono aumentati del 32,9%, dopo essere balzati al massimo in 42 anni del 41,6% a giugno, principalmente a causa di un forte rallentamento dei costi della benzina (44% contro 59,9%), olio combustibile (75,6% contro 98,5%) e gas naturale ( 30,5% contro 38,4%) mentre i prezzi dell’energia elettrica hanno subito un’accelerazione (15,2%, il massimo da febbraio 2006).
Rispetto al mese precedente, il CPI è rimasto invariato, dopo essere salito a un tasso massimo di 17 anni dell’1,3%, e anche al di sotto delle previsioni dello 0,2%. L’inflazione core è rimasta stabile al 5,9%, meno delle aspettative del 6,1%.

Il “messaggio” che questi dati hanno inviato al mercato è che l’inflazione potrebbe avere finalmente raggiunto il picco. Questo significa che si alleggerisce un poco di pressione sulla Federal Reserve, che di conseguenza potrebbe ammorbidire la sua politica monetaria.

Il è così precipitato sotto la soglia di 105 per la prima volta in oltre un mese.
Il cambio rispetto all’euro invece corre. L’ balza oltre 1,03, sui massimi di oltre 4 settimane.

Il rendimento del titolo del Tesoro statunitense a 10 anni è invece sceso bruscamente al livello del 2,7%, avvicinandosi al minimo di quattro mesi del 2,5% raggiunto all’inizio del mese.

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