Non sono arrivate sorprese dalla riunione della Banca Centrale Europea, che ha lasciato invariati i tassi di interesse per la terza volta consecutiva, segnalando fiducia in un’economia resiliente e con pressioni inflazionistiche più morbide.
In questo modo però la marcia dell’ si fa ancora più pesante, e la valuta unica si aggira attorno ai minimi di agosto.
Al termine del meeting di ottobre, la BCE ha lasciato il tasso di rifinanziamento principale al 2,15%, il tasso sui depositi al 2% e quello sulle operazioni di prestito marginale al 2,40%.
Come accaduto nelle riunioni precedenti, la BCE ha ribadito l’impegno a favore di un “approccio alla politica monetaria basato sui dati e riunione per riunione”. I mercati non si aspettano ulteriori mosse sui tassi quest’anno.
Secondo la BCE, l’economia continua a crescere nonostante il difficile contesto globale (il PIL dell’Eurozona è cresciuto dello 0,2% nel terzo trimestre, superando le aspettative). Malgrado le prospettive incerte, in particolare “a causa delle continue controversie commerciali globali e delle tensioni geopolitiche“, alcuni fattori di rischio sono comunque mitigati rispetto a qualche tempo fa (Lagarde cita la guerra commerciale con gli Stati Uniti, le tensioni in medioriente e quella tra Stati Uniti e Cina).
I responsabili politici hanno anche affermato che continueranno a seguire un approccio dipendente dai dati, riunione per riunione, nella definizione della politica monetaria.
Questo scenario ha penalizzato l’euro, che è sceso anche sotto 1,155, avvicinandosi ai minimi dalla fine di agosto. Pesa più che altro la forza del dollaro Usa, dopo che il presidente della FED Powell è sembrato cauto su un ulteriore allentamento a dicembre. Il cambio si sta allontanando dalla media mobile a 50 periodi, che agisce da resistenza, sulla quale era rimbalzato nei giorni scorsi.

















