Si è chiusa una settimana pessima per il petrolio, la peggiore da marzo. Nonostante qualche segnale distensivo nel conflitto commerciale tra USA e Cina (che potrebbe migliorare le prospettive della domanda di petrolio) sono le mosse dell’OPEC+ a esercitare pressioni ribassiste sul prezzo di e .
Come temevano i mercati, nella riunione di sabato 3 maggio (anticipata di 2 giorni rispetto al previsto) il cartello dei produttori ha deciso di aumentare la produzione di petrolio nel mese di giugno, per 411mila barili. E’ il secondo aumento della produzione consecutivo. Ma la cosa più importante è che il piano originale prevedeva un incremento produttivo di soli 137.000 barili giornalieri. La cifra quindi è stata praticamente triplicata nella decisione finale.
A favore dell’aumento hanno votato Arabia Saudita, Russia, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Kuwait, Kazakistan, Algeria e Oman. L’OPEC+ si è comunque mantenuta la porta aperta per futuri aggiustamenti, in un senso o nell’altro. “Questa flessibilità consentirà al gruppo di continuare a sostenere la stabilità del mercato petrolifero”, si legge nel comunicato diffuso dal cartello. Il gruppo si riunirà il 1° giugno per decidere i livelli di produzione di luglio.
La decisione dell’OPEC+ è comunque avvenuta dopo l’ultimo crollo dei prezzi di e , ma ne è stata in parte la causa giacché da giorni si ipotizzava un nuovo aumento produttivo. Il greggio Brent è sceso a 61 dollari al barile, mentre il greggio WTI è arrivato a $ 58 al barile.
Gli esperti prevedono un’ulteriore pressione al ribasso sui prezzi del greggio nelle prossime sedute, dal momento che questo ulteriore incremento dell’offerta giunge in un momento in cui il mercato petrolifero sta già affrontando sfide significative legate alla domanda globale e alle preoccupazioni economiche internazionali.

