Non si vedeva da quasi 14 anni un’inflazione così alta in Turchia. Secondo il report del Turkish Statistical Institute, l’indice dei prezzi al consumo segna un 12,98% che rappresenta uno vero choc.
Rispetto all’ultima rilevazione la crescita è stata di oltre un punto percentuale (era 11,90%), e siamo a valori lontanissimi dal 5% che è il target della CBRT. L’istituto centrale solo un mesetto fa aveva rivisto il proprio dato sull’inflazione portandolo al 9,8%. E va sottolineato che negli ultimi mesi la dinamica dei prezzi è cresciuta ad un ritmo preoccupante, praticamente andando al raddoppio.
Non c’è dubbio che inflazione e disoccupazione rimangono tra i principali problemi dell’economia turca. Il tasso di disoccupazione ha toccato il valore record del 13% a gennaio, per poi scendere gradualmente fino a 10,6% ad agosto (ma quella giovanile rimane al 21,1%).
La banca centrale turca ha confermato i tassi all’8% anche nell’ultima riunione. L’istituto centrale ha le mani legate e non può alzare i tassi ufficiali per la pressione esercitata da Erdogan, contrario alla stretta monetaria per una stravagante teoria secondo cui l’inflazione è alimentata dai tassi alti. Proprio questa dipendenza dall’autorità sultanica di Erdogan crea timori e diffidenze nei mercati.
Sul valutario, settimana scorsa il cambio UsdTry è sceso fino al minimo storico di 3,9645, dopo che il faccendiere turco-iraniano Reza Zarrab, collaborando con gli inquirenti americani ha ammesso di essere l’uomo centrale di uno scambio oro-petrolio volto ad aggirare le sanzioni USA a carico dell’Iran (fonte grafica broker ).
Stavolta invece il mercato ha spinto la Lira dopo questi dati, perché probabilmente si aspetta finalmente una svolta in senso restrittivo di qui a 10 giorni (a dispetto di Erdogan) quando ci sarà il prossimo meeting di politica monetaria. Il tasso di cambio con il dollaro è sceso a 3,87 circa. Ricordiamo che a ottobre questa coppia ha guadagnato oltre il 7%. Il cambio EurTry (+6,25% a ottobre) invece scende a sale a 4,58.