E’ durata davvero poco la tregua attorno alla Lira turca. Giusto il tempo di metabolizzare il massiccio intervento restrittivo della CBRT, che un paio di settimane fa aveva alzato a sorpresa i tassi di interesse di 200pb. Ma la pressione sulla valuta turca è ricominciata come prima e più di prima, spingendo il cambio al nuovo massimo storico verso 7,90.
I fattori geopolitici
La Lira sta subendo l’azione di fattori prevalentemente geopolitici. C’è il rischio di sanzioni da parte degli USA per i test che Ankara nei prossimi giorni inizierà con i missili S-400 acquistati dalla Russia.
C’è il clima teso con l’UE (che oggi ha accusato Erdogan di “deteriorare continuamente i diritti umani”) e con la Grecia per l’esplorazione energetica nel Mediterraneo orientale.
C’è poi il conflitto tra Azerbaigian e Armenia nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, con la Turchia che si è schierata accanto agli azeri.
Ma se la situazione geopolitica è tale da spaventare gli investitori, dal fronte macroeconomico non giungono certo notizie confortanti. L’inflazione, che il vecchio governatore Cetinkaya era riuscito a portare sotto la doppia cifra, da quando al timone c’è Uysal ha ripreso a salire ed ha raggiunto a settembre il 14,33% (anche se al di sotto delle aspettative).
La lira ha così ripreso a scivolare, e negli ultimi giorni ha aggiornato il suoi minimi storici contro il dollaro USD.
Stamattina il cambio s’è mosso per la prima volta in orbita 7,90, sui nuovi massimi di sempre (fonte grafica broker ).
L’ ha già perso il 24% quest’anno.
Tra gli investitori c’è preoccupazione anche per l’esaurimento delle riserve di valuta estera (sono scese a 42,42 miliardi di dollari al 25 settembre 2020, dai 43,16 miliardi di dollari di una settimana prima) e il grosso deficit delle partite correnti.
