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Tensione USA-Iran per l’attacco in Arabia: petrolio alle stelle, salgono le valute rifugio JPY e CHF

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L'attacco alle raffinerie saudite avvenuto sabato ha alzato il clima di tensione internazionale. Gli investitori si allontanao dagli asset rischiosi

L’attacco sferrato sabato dai ribelli Huthi dello Yemen contro due maxi raffinerie saudite, ha provocato una scossa feroce sui mercati. Oltre a provocare l’impennata del petrolio, ha innescato la fuga degli investitori dalle attività più rischiose.
Ne hanno beneficiato Yen () e Franco Svizzero (), tipiche valute rifugio, ma anche le così dette commodities currencies, ovvero le valute di quei paesi la cui economia è strettamente connessa alle materie prime.

Prezzi del petrolio alle stelle, la tensione pure…

I prezzi del greggio sono saliti fino a picchi del 20% nella giornata di lunedì, roba che non si vedeva dalla Guerra del Golfo nel 1991. Del resto il doppio attacco ha provocato il più grande danno da evento singolo mai registrato: una perdita di ben 5,7 milioni di barili al giorno, ovvero il 5% della produzione mondiale. Non stupisce quindi che a New York per il petrolio abbia chiuso gli scambi a 62,9 dollari al barile (+14,8%).

Ma l’attacco agli impianti della compagnia nazionale di idrocarburi Saudi Aramco, ha avuto anche l’effetto di innalzare il livello della tensione geopolitica. Gli USA accusano l’Iran di esserci loro dietro a questi attacchi, e si dicono “pronti e carichi” a regaire. Dal canto suo Teheran respinge le accuse, mentre la Cina invita tutti alla moderazione.

Scatta l’avversione al rischio

Questa situazione esplosiva ha depresso il clima degli investitori, innescando una fuga dalle attività più rischiose. Yen e franco svizzero, le due valute rifugio, hanno inizialmente avuto forti rialzi contro il dollaro. La coppia è arrivata verso 107,50, prima di recuperare quota 108, come vediamo sulla webtrader .

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Il cambio è scesa fino a 98,60, anche se pure in questo caso nel corso della giornata c’è stato il recupero del biglietto verde.
Effetti interessanti anche sulle “commodities currencies”, con il dollaro canadese e la corona norvegese in evidenza. Al contrario, un paese come l’India che importa moltissimo petrolio ha visto la sua Rupia in discesa di oltre lo 0,7%.

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