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Petrolio, scorte in calo. WTI e Brent fanno giù e su per via dell’OPEC

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Le scorte sono scese più del previsto. L'Iran apre a un possibile aumento della produzione, ma non c'è ancora un accordo

Mentre ci avviciniamo al meeting dell’OPEC in programma a Vienna tra 2 giorni, il mercato del petrolio accoglie i dati sulle scorte in arrivo dagli USA. Nell’ultima settimana le riserve di oro nero americane sono scese di quasi 6 mln di barili, superando decisamente le stime che erano per una contrazione più contenuta di 2,1 milioni.

In calo anche le riserve di benzina, scese di 3,3 milioni di barili a fronte della previsione di un calo di soli 200mila barili. Vanno invece in controtendenza gli stock di distillati, cresciuti di 2,7 milioni di barili (il mercato si aspettava una flessione di 100mila barili).

Per il mercato del petrolio è stata una giornata in chiaroscuro. Dopo un avvio fiacco (era scivolato in avvio sotto quota 64 dollari, sui minimi da aprile), prima c’è stato un rialzo sopra i 65.5 dollari al barile del , che poi è sceso leggermente.
In netto calo invece il , che era schizzato quasi verso 76 dollari per poi scendere fin verso i 74.5.

A tenere banco è la questione OPEC. L’Iran ha annunciato che potrebbe scendere a compromessi e acconsentire un piccolo aumento della produzione. Ma si preannuncia uno scontro rispetto all’ammontare di questi incrementi soprattutto con l’Arabia Saudita e la Russia (non membro), che sono i sostenitori di un aumento da 1,5 milioni di barili al giorno a partire da luglio.
L’Iran finora è stato il principale ostacolo a un accordo, con Zanganeh che afferma che l’OPEC non dovrebbe cedere alle pressioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha apertamente chiesto di aumentare la produzione per raffreddare i prezzi.

Va detto che anche i produttori del Golfo che di solito sono allineati con l’Arabia Saudita (Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Bahrein) hanno espresso molte perplessità su un forte aumento della produzione. Insomma, le posizioni in seno all’OPEC sono molto contrastanti.

Nel quadro generale va messo in conto anche lo scontro tariffario tra USA e Cina. L’OPEC in teoria dovrebbe trarne vantaggio, visto che la Cina (a causa delle tariffe di importazione sul greggio statunitense) anziché approviggionarsi dai produttori americani dovrà rivolgersi in buona parte ai membri OPEC.
Ma a lungo andare questa escalation finirebbe per compromettere la crescita globale, e avrebbe ricadute proprio sulla domanda globale di petrolio (finendo con l’abbatterne i prezzi). Insomma un boomerang che va gestito bene.

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