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Petrolio in caduta libera. Brent e WTI hanno bruciato il 20% in poche settimane

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E' stata decisamente passata la soglia della correzione, finendo per entrare in una fase ribassista di mercato

Dopo un lungo ed entusiasmante rally, per il petrolio è arrivato il tracollo. Impensabile soltanto un mese fa, quando (dopo aver raggiunto i massimi da 4 anni) addirittura si discuteva della possibilità che l’oro nero potesse giungere ai 100 dollari al barile.

E invece lo scenario è cambiato. Dal picco di ottobre sia Brent che WTI sono precipitati di circa il 20%, ed entrambi hanno infranto al ribasso due soglie psicologiche di grande rilevanza.
Il Brent è sceso anche sotto i 70 dollari, il sotto i 60 (dopo 10 sedute di ribasso consecutive, cosa che non accadeva dal 1984). E’ stata quindi decisamente passata la soglia della correzione, finendo per entrare in una fase ribassista (fonte grafica broker ).

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Il problema è sempre lo stesso, l’eccesso di offerta sul mercato. Chi riteneva che le sanzioni all’Iran avrebbero arginato in parte questa situazione si sbagliava (anche perché le sanzioni anziché azzerare le esportazioni le hanno solo contenute).
Come si sbagliava chi riteneva improbabile un aumento rapido dell’offerta USA, che invece è giunta al livello record di 11,6 milioni di barili al giorno. Inoltre c’è la seria prospettiva che presto anche l’Iraq potrebbe riavviare le esportazioni dal giacimento di Kirkuk (altri 200-400mila barili al giorno). Ci si aggiunga pure l’inondazione di petrolio russo e saudita… e il gioco è fatto.

Proprio i due Paesi starebbero adesso valutando una marcia indietro tramite un ritorno ai tagli di produzione. Ma siamo ancora in alto mare visto che le stesse compagnie russe non sono molto propense all’idea.
Anche Donald Trump s’è mostrato in disaccordo via Twitter: “L’Arabia Saudita e l’Opec non dovrebbero tagliare la produzione di petrolio. I prezzi del greggio dovrebbero essere molto piu bassi sulla base delle forniture!?”, ha scritto l’inquilino della Casa Bianca.

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